Dopo aver vinto il cancro, la sua impresa per lanciare un messaggio: non arrendersi mai davanti alle difficoltà, che siano malattie o altro.
Mara Colletti è un idolo, un’eroina in stile Super Eroe della Marvel! Questo è quello che viene da pensare una volta appresa la sua storia e una volta conosciuto nei dettagli l’epilogo della sua impresa, perché qui non parliamo “semplicemente” di nuotare 3mila metri a delfino. Il semplicemente messo tra virgolette non è a caso, perché già nuotare i 200 metri delfino, la massima distanza olimpica prevista nel nuoto, non è cosa da poco anche per i grandi campioni, ragion per cui è meglio non osare nemmeno di pensare come possa essere nuotarne 3mila di metri in questo arduo stile di nuoto!
Ma oltre al solo pensarlo, Mara ha osato anche farlo, ponendosi una delle più grandi sfide mai realizzate nel mondo del nuoto e non per diletto o per manie di protagonismo, ma per lanciare un messaggio chiaro, importante e deciso che vale una vita.
La laziale originaria di Bassano Romano si era messa in testa di fare qualcosa di straordinario già nella scorsa stagione, quando in occasione del Trofeo Galluzzi valido per il Circuito Supermaster FIN, nuotò 1500 metri a delfino.
Allenata da Christian Vera Correa che insieme al suo compagno Marco Uttinacci hanno saputo spronarla e darle la carica, in vasca per la sua sfida a delfino e fuori dalla vasca per la sua lotta per la vita contro il cancro, Mara porta una testimonianza preziosa. La 47enne che da sempre vive a Bracciano, ha iniziato il suo calvario a 36 anni, quando sono emersi i primi seri problemi di salute che le causarono la perdita di peso, di forze e infine del lavoro, prima di apprendere dai medici che era affetta da una rarissima forma di cancro alla vescica. Madre di una bambina, dopo l’operazione le venne detto che purtroppo non avrebbe potuto guarire e non avrebbe potuto avere altri figli.
Fu per iniziare la particolare terapia di chemio che le fu prescritta che i medici le consigliarono di iniziare a praticare un’attività sportiva, motivo per cui Mara provò prima a fare palestra, poi bicicletta e ginnastica, prima di tuffarsi in piscina nel 2006, passando dall’Acquafitness al Nuoto dove finalmente trovò la sua dimensione. Dall’ambientamento con i braccioli, passò nel corso di due stagioni al perfezionamento della nuotata e poi al tesserarsi da atleta Master per competere in gara!
La salute migliora e addirittura Mara rimane incinta, motivo per cui dovette interrompere la sui attività sportiva per portare avanti quella inattesa maternità. Dopo aver messo alla luce la sua seconda bambina, riprende ad allenarsi in un semplice corso di nuoto ad Aprile del 2011 con grandissima fatica e poca forza, ma dopo l’ultima chemioterapia fatta, non ebbe più problemi e da allora non si è più allontanata dal nuoto, iniziando ad allenarsi con sessioni che arrivavano anche fino agli 8000 metri, insieme agli amici della Sama Sporting che rappresenta in gara.
Oggi la malattia sembra essere solo un brutto ricordo per Mara che dopo aver nuotato 1500 metri a delfino nella scorsa stagione, quest’anno ha deciso di raddoppiare la sfida contro se stessa, misurandosi in un incredibile 3000 delfino senza precedenti! L’occasione è stata sempre quella del Trofeo Master Galluzzi, disputato lo scorso week end, che ha visto Mara diventare la prima donna al mondo a compiere tale impresa tra le ovazioni del pubblico. Poco conta il crono, anche se è da sottolineare che ha chiuso in 1h 23’29”45 contro i 37’51″20 con i quali nuotò i 1500 nella scorsa stagione!
Ma tutte le storie hanno un inizio. Cosa ha pensato Mara quando i medici ti hanno comunicato che dalla sua malattia non poteva guarire?
«Non ti nascondo che avevo già pensato di farla finita prima che scoprissero tutto. Sono stata per circa un anno a casa perdendo il lavoro, avevo dei dolori fortissimi e non riuscivo più neanche a stare in piedi. Quando hanno scoperto quello che avevo, credo di non aver più parlato per qualche giorno. Mi sono sentita perduta, inerme. Ho cercato di fare tutto quello che mi veniva detto, mangiare bene e bere molto. Poi, dopo accurate ricerche, il Professore che mia ha curata mi disse che dovevo mantenere “elastica” la mia vescica e per poterlo fare dovevamo provare con lo sport.»
Si è accesa dunque una speranza per te. Con quale spirito hai quindi iniziato a praticare sport?
«Inizialmente non ci credevo tanto ad essere sincera ed ho iniziato quindi svogliata, anche perchè provavo dolore continuo. Ho iniziato con la corsa, poi bicicletta e ancora palestra con una attivitá chiamata GAG. Niente da fare, stavo male. Poi il Professore mi dice:”Mara, secondo me lo sport più completo è quello fatto in acqua”. Mi sono iscritta in una piscina il 2 gennaio 2006 ad un corso di Acquafitness, ma non mi piaceva, oltre al fatto che nonostante lo sforzo per praticarlo, i dolori c’erano sempre. Allora ho pensato, aggrappandomi con le unghie a questa ultima soluzione, di imparare a nuotare. Pian piano ho iniziato a stare meglio e quindi ho iniziato a sperare.»
Quando hai fatto l’ultima chemio cosa hai pensato?
«Quando ho fatto l’ultima chemio (per far sembrare la parola chemio meno brutta, il dottore le chiamava instillazioni vescicali), nuoticchiavo giá da un po’ e quindi i miei pensieri sono iniziati a divenire negativi. Pensavo che fosse finita. Pensavo che non sarei riuscita ad uscirne e mi sono nuovamente rinchiusa in casa aspettando forse il giorno in cui avrei messo uno stop a tutto. La mia più grande fortuna è aver avuto al mio fianco un uomo, il mio compagno, che mi ha saputa spronare e che ha creduto molto in me. È stato lui a darmi la forza per rialzarmi e poi la vita.»
Nel 2010 invece sei rimasta incredibilmente incinta contro le previsioni dei medici. Cosa hai provato e come hai portato avanti la gravidanza avendo una malattia che andava curata con le chemio?
«Quando sono rimasta incinta ho provocato prima sgomento e allo stesso tempo euforia nei dottori. Mi avevano avvisata che sicuramente sarebbe nata con gravi malformazioni e avrei avuto di lì a poco un aborto spontaneo, ma come dico sempre io, la voglia di venire al mondo della mia piccola cucciola è stata più forte. I controlli naturalmente si sono fatti molto pressanti, estenuanti direi.»
Poi è nata, sana e bella! Come ci sono rimasti i medici? E come ti sei sentita tu?
«I medici piangevano insieme a me. Il Professore che mi ha seguita mi ha detto:”Vedi Mara, mai arrendersi perchè la vita trionfa sempre su tutto!” Lo si può solo immaginare cosa ho provato, un’emozione unica. Questo forse è stato di lì a poco il motivo per cui mi sono rimboccata le maniche ed ho iniziato a lottare sul serio.»
Quindi hai ripreso a nuotare e più nuotavi, più stavi meglio, fino a rinascere, ma con quale forza mentale riuscivi a sostenere fino ad 8mila metri ad allenamento?
«Sinceramente non lo so come ho fatto. Forse quell’attaccamento morboso alla vita mi ha dato la forza di arrivare a fare anche 8000 metri.»
Quando ti è venuta l’idea di misurarti nella sfida impossibile dei 1500 metri nuotati a delfino nella scorsa stagione e quando hai pensato addirittura di raddoppiare la distanza con l’impresa fatta quest’anno sempre a Città di Castello?
«L’idea dei 1500 delfino mi è venuta in mente un giorno in allenamento. Mi sono resa conto che io ho iniziato troppo tardi a nuotare e che quella velocità che serve ai Master nei 50 o 100 metri per riuscire a fare una buona gara, io non avrei mai potuta averla. Certe cose ce le hai solo se vieni dall’agonismo, ma ho capito anche che al contrario, io ero molto resistente e quindi ho pensato di fare della mia resistenza una ragione per poter gareggiare e distinguermi! E così ho iniziato a provare e mi riusciva alla grande. Lo stile delfino mi è stato insegnato proprio per contrastare la malattia, per quel movimento del bacino che fa fare ginnastica alla mia vescica. Ho iniziato ad allenarmi molto e alla fine ci sono diventata per forza una delfinista. L’idea dei tremila metri è arrivata poi quest’anno perchè ho voluto sfidare ancora me stessa, mi sono messa in gioco e mi è piaciuto tantissimo.»
Che significato e quale messaggio vuoi lanciare con la tua impresa?
«Per me i tremila metri nuotati a delfino hanno avuto un significato immenso, per me stessa un “Ce la posso fare”. Il messaggio che ho voluto dare agli altri é quello di non arrendersi mai davanti alle difficoltà, che siano malattie o altre situazioni, bisogna sempre lottare. E poi lo sport, che cosa meravigliosa, ti apre la mente e ti aiuta fisicamente. Vorrei anche far capire a tanti genitori di educare i propri figli a fare sport come piacere e come dovere e di evitare invece di gettarli in strada o lasciarli attaccati tutto il giorno a videogames. Drogatevi di sport che è la cosa più bella che c’è!»
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