I successi non arrivano casualmente, sono le piccole cose che fanno la differenza e fanno diventare un campione
Vincere una medaglia olimpica, soprattutto se d’oro, ti fa diventare un punto di riferimento eterno. Nel nuoto Azzurro è successo a Massimiliano Rosolino, ancora oggi venerato da tutti e non solo in Italia, a Federica Pellegrini, vero e proprio traino del nuoto italiano attuale, e a Domenico Fioravanti, un esempio vivente anche per la International Swimming Hall of Fame. Rio de Janeiro ha battezzato dopo otto anni dalla medaglia d’oro di Federica Pellegrini vinta a Pechino, un nuovo punto di riferimento per l’Italia del nuoto, quel Gregorio Paltrinieri che ha fatto urlare di gioia milioni di italiani incollati alla televisione durante i suoi 1500 stile libero olimpici.
Una sola cartuccia da poter sparare, una sola gara da poter disputare ed hai dovuto aspettare la penultima di otto giornate di gare per poter salire sui blocchi di partenza. Com’è stato vivere questa attesa?
«È stato difficile e anche un po’ snervante. Sono abituato a vivere le gare in fondo alla competizione, ma in occasione di Europei e Mondiali dove ci sono anche gli 800 stile nel mezzo del programma, ho la possibilità di attivarmi prima. In più alle Olimpiadi c’erano un sacco di aspettative. Devo dire che la Federazione è stata brava a tenermi un po’ staccato dal gruppo nella prima parte delle Olimpiadi e infatti sono rimasto a Santos da solo più degli altri. Ho fatto una preparazione un po’ differente e un po’ distaccata. Rispetto agli altri sono arrivato a Rio dopo, a gare già iniziate, ho fatto un paio di giorni con i riscaldamenti nella vasca delle gare, mi sono caricato ed è andato tutto bene, ma l’attesa di dover aspettare l’ultimo giorno per poter fare la mia gara, è stata dura, anche se penso di averla gestita bene.»
Quali pensieri hanno attraversato la tua mente negli istanti vissuti poco prima della partenza per Rio?
«Prima di partire non avevo tanta tensione, perché avevo tanta voglia di fare bene e pensavo di poterlo fare. Una volta arrivato a Rio ho iniziato a pensare se avevo fatto tutto nel modo giusto, se avevo fatto abbastanza e ho iniziato ad avere tanti dubbi, però poi ho cercato di pensare il meno possibile e di nuotare bene.»
Cosa hai pensato e come ti sei sentito invece quando verso la fine della finale dei 1500 stile libero ti sei reso conto che saresti diventato il nuovo campione olimpico della specialità?
«È stato bello ed emozionante. Mi sono reso conto ai mille metri che avevo distanziato gli altri e non mi avrebbero più ripreso, quindi mi sono reso conto che stavo per realizzare il sogno di una vita. Poi l’emozione e i pensieri sono arrivati ancora di più quando ho toccato la piastra e quando sono salito sul podio, il momento più emozionante.»
L’abbraccio sulla corsia con il tuo compagno di allenamenti Gabriele Detti, i festeggiamenti a caldo del team e la premiazione sul podio di Rio. Difficile spiegarlo a parole, ma prova a raccontarci quei momenti e le emozioni che hai provato (Foto: Rob Schumacher / USA Today Sport).
«È stato un momento storico per l’Italia e per noi due. È stato fantastico salire sul podio con Gabriele, entrambi volevamo una medaglia alle Olimpiadi e lui ne ha prese due, quindi ancor meglio. Tutti e due però volevamo provarci nei 1500 perché era da tanto che ci dicevamo che sarebbe stato bello fare un podio importante insieme in questa gara, podio che avevamo in realtà condiviso già agli Europei, però ai Mondiali di Kazan lui non c’era, quindi Rio è stata la prima grandissima occasione in cui tutti e due eravamo in forma e ce la potevamo fare ed è stato bello riuscirci.»
Con quale spirito e quali emozioni sei tornato nel Villaggio Olimpico quella sera?
«Innanzitutto sono tornato tardissimo, passate le 5.00 del mattino. Oltre al fatto che le gare si disputassero in notturna, si era già fatto ancora più tardi per fare la premiazione, poi almeno un milione di interviste e l’antidoping, dopo di che sono uscito a cena con i miei amici che erano venuti dall’Italia per vedermi e infine ho festeggiato. È stato bello e incredibile e quando sono tornato in hotel pensavo di non riuscire a dormire, mentre invece sono crollato subito perché ero stanchissimo ed ho scaricato tutta la tensione.»
Com’è stato il rientro in Italia?
«Anche il ritorno in Italia è stato bello, perché ho avuto modo di assimilare la vittoria con una settimana di vacanze a Rio dopo le Olimpiadi. È stato bello rivedere tutti e ricevere tanti complimenti. È stato bello anche rivedere la gara dalla televisione, mi è piaciuta tantissimo.»
Cosa vuol dire per un atleta che per quattro anni si è impegnato a preparare un Olimpiade, chiudere il quadriennio con un Mondiale in vasca corta nel quale ti sei dovuto arrendere alla stanchezza accumulata e ad un Park che in quel momento era più in forma di te (foto: EPA)?
«Diciamo che c’è stato uno scarico emotivo infinito dopo le Olimpiadi. Aver lavorato così tanto e così duramente per quattro anni per raggiungere l’obiettivo olimpico, è stancante. Da fuori sembra tutto bello che io vinca sempre, ma non è che arrivi tutto per niente, anzi, ci sono tanti sacrifici dietro, sia in acqua dove faccio circa 18 chilometri al giorno, ma anche mentalmente. Dopo le Olimpiadi ho quindi preso un bel periodo di vacanza e poi ho ripreso tardi a nuotare, in maniera molto più leggera. Sono quindi arrivato ai Mondiali di Windsor non al 100% come potevo esserlo in altre occasioni. Ero addirittura in forse se farli o non farli e infatti tanti campioni olimpici li hanno saltati, quindi già il fatto che io ci sia andato è un qualcosa in più e poi ho vinto una medaglia d’argento che non è da buttare via. Ovviamente la gara è stata fatta male, questo lo so, ma non è un problema in questo periodo.»
L’oro vinto alle Olimpiadi cambierà la tua vita?
«Beh si, non cambia me personalmente perché credo di essere rimasto lo stesso, ma le circostanze intorno a me cambiano. Sono un campione olimpico, è un titolo prestigioso, la gente continuerà ad aspettarsi sempre tanto da me, però credo di essere pronto a questo genere di cose che mi fanno sentire anche meglio. Ho già raggiunto tanto nella mia carriera, passo dopo passo, senza affrettare niente, sono contento di tutto quello che ho fatto e proverò a fare ancora di più.»
C’è qualcuno verso cui ti senti particolarmente in debito per essere riuscito a fare il percorso che ti ha portato ad arrivare a trionfare alle Olimpiadi, oltre al tuo allenatore Morini ovviamente (foto: Ettore Ferrari)?
«Secondo me i miei genitori e la mia ragazza, nonché i miei amici, sono stati di grande aiuto a farmi arrivare a certi livelli. I miei genitori mi hanno permesso di andare via da casa nel 2011 e mi hanno sempre supportato in questi anni; con la mia ragazza ci sono cresciuto insieme, siamo fidanzati da quattro anni, praticamente lei ha vissuto con me l’intero quadriennio e questo mi ha fatto stare bene e tranquillo. In più aggiungerei anche Gabriele (Detti n.d.r.) perché abbiamo vissuto il quadriennio insieme, allenandoci sempre insieme e stimolandoci a vicenda.»
Adesso che hai vinto praticamente tutto, hai detto di voler provare le Acque Libere. Lo farai per trovare un nuovo stimolo che ti porti a correre sempre per traguardi importanti?
«Si, mi serve da stimolo e anche perché voglio provare qualcos’altro. Pensare di fare un altro quadriennio facendo solo 800 e 1500, mi annoierebbe. Avere anche un’altra cosa a cui dedicarmi mi permetterà di prendere tutto diversamente e di alleggerire anche le mie responsabilità. Le Acque Libere saranno in ogni caso un puro divertimento.»
Adesso sei un esempio per tanti ragazzini e lo sarai per tanti e tanti anni perché una medaglia d’oro alle Olimpiadi non si dimentica facilmente. Certamente non tutti arriveranno alle Olimpiadi, non tutti faranno cose straordinarie, ma cosa senti di consigliare a tutti i giovanissimi che si avvicinano al nuoto sognando traguardi prestigiosi?
«Credo che la cosa più importante sia la passione. Ho sempre nuotato perché mi sono sempre divertito e non sono arrivato dove sono soltanto perché nuotavo ad inerzia tutti i chilometri di allenamento che facevo. L’allenamento conta, ma ci ho messo anche tanta passione, voglia di fare e migliorarmi senza mai sentirmi sazio di quello che avevo raggiunto. Ogni volta avevo un obiettivo nuovo e quindi avere questa voglia di confrontarsi sempre con se stessi è la cosa che ti porta avanti. Spero che tutti i ragazzini capiscano che il nuoto sia qualcosa di importante per loro e che ci dedichino tempo e impegno, facendolo seriamente. Ci saranno momenti difficili in cui subentrerà lo studio e altri impegni e non sarà mai facile superarli, ma nemmeno impossibile. Io ci sono riuscito, ho dovuto rinunciare ad esempio alle gite con la scuola, ma sono cose che puoi saltare se vuoi dedicarti seriamente al nuoto. Sono le piccole cose che fanno la differenza.»
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