I sei traumi che ogni nuotatore vive quando inizia la stagione in vasca all’aperto

Non sono pochi i contro del nuotare allo scoperto, ma non batteranno mai le emozioni di nuotare all’aria aperta

Si avvicina a piccoli passi l’estate, la stagione che per un nuotatore assume un significato particolare, ma cosa significa questo per la specie che tutto l’anno si allena in una piscina al chiuso che ormai rappresenta una seconda casa? Ovviamente parliamo di associare l’utile al dilettevole: allenamenti all’aria aperta!
Accantonate il pensiero di una normale e tranquilla nuotatina all’aperto, perché ricordate che a braccetto con gli allenamenti, vanno le gare che potrebbero risultare emozionanti per chi non ha mai provato tale ebrezza.

Da considerare però che non sempre gli eventi si disputano in momenti della giornata ormai riscaldati dal bel sole che considerato il periodo stagionale potrebbero risultare quasi – e sottolineo QUASI – piacevoli. Provate ad immaginare adesso, una incontenibile emozione che si prova davanti ad una vasca olimpionica all’aperto, baciata dal sole e viva più che mai dei suoi raggianti colori, che viene smorzata alla vista della condensa che si forma sulla superficie della piscina alle 8,00 del mattino!

simone-ciulli-nuotatore-piscina-scoperta“Deve essere bella calda l’acqua” – è la tipica esclamazione che si sente dinanzi a tale scenario ma in realtà si sa che la temperatura reale dell’acqua è in quelle prime ore del giorno paragonabile a quella del Mar Glaciale Artico, ragion per cui tutto il vostro entusiasmo iniziale svanirà del tutto praticamente cinque minuti dopo l’ingresso in vasca.

Primo trauma: l’ingresso in acqua
Via tutti gli indumenti (anche se l’idea di lanciarsi con un piumino è sempre più persistente), pinnette, snorkel (niente pesca subacquea, s’intenda), pull, palette (senza secchiello) e borraccia (con integratori e non gin tonic). Primo piede sul bordo vasca, secondo piede sul bordo vasca, un percorso lungo 50 metri e una linea che termina con una T ci aspetta per guidarci attraverso l’acqua. “Adesso o mai più” riecheggia puntualmente nella testa del nuotatore prossimo al tuffo in vasca allo scoperto. E con una decisione paragonabile al dubbio esistenziale che si manifesta ogni qual volta bisogna scegliere tra babà e sfogliatella, ci si lancia, possibilmente a bomba perché è scientificamente provato che la tipica posizione rannicchiata fa si che, termodinamicamente parlando, il calore non venga disperso ma trasformato in energia sufficiente a garantire una prestazione soddisfacente – teoria testata e confermata da avvenimenti realmente accaduti.
NB: prima di tutto ciò assicurarsi della presenza nei dintorni di un medico munito di defibrillatore.

Non fate caso se ad un tratto scorgete all’orizzonte pinguini o orsi polari, non sono allucinazioni, fanno solo parte del pacchetto. Superato il trauma iniziale, escludendo quella piccola percentuale di persone che svengono in seguito all’impatto con l’acqua gelida, andiamo avanti con ciò che più terrorizza il nuotatore in vasca scoperta.

vincenzo-boni-dorsoSecondo trauma: il sole accecante.
Compassione e pietà per i poveri dorsisti che non saranno più contenti di essere “nuotatori speciali” perché come i sognatori hanno gli occhi rivolti al cielo: questa volta il problema è proprio quello! Quindi, prima di lasciare la cornea sul fondo della swimming-pool, meglio ricorrere agli occhialini specchiati che tutto sommato sono anche cool e danno quello stile aggressivo misto a minaccioso che incute timore e che per la psicologia freudiana fanno sentire più erculei. L’effetto placebo dei nuotatori.

Terzo trauma: l’abbronzatura
A…A…Abbronzatissima, sotto i raggi del sole…” cantava Brusco. Si ma abbronzata come? Non l’ha mai specificato: a strisce, a pois, a chiazze, per i nuotatori da vasca all’aperto ce n’è per tutti i gusti! Per gli uomini il problema non sussiste dal momento che sfoggiano il loro slip con nonchalance. Per le donne invece la situazione diventa più complessa: si parte dal segno della cuffia, passando per il segno degli occhialini (modalità panda), attraversando le strisce sulla schiena che la fa diventare quasi un labirinto, per poi arrivare all’addome bianco come il latte. Praticamente le donne diventano un biscotto Ringo! Insomma un’abbronzatura degna di una lampada da estetista andata a male.

Quarto trauma: riscaldamento bis
Il quarto trauma rientra nel capitolo “gare all’aperto” ed in particolare si sofferma sul riscaldamento dopo la pausa pranzo. Già al mattino il riscaldamento risulta abbastanza ostico, ma quello del pomeriggio è tutt’altra storia. Provate a dissuadermi dall’idea che buttarsi in acqua (comunque gelida) dopo la pennichella, fatta possibilmente sul prato beati all’ombra, non sia un trauma. Ti vien voglia di prendere palette e secchiello, fare retro front e tornare a casa, anche se c’è in ballo un titolo nazionale, ma che dico, mondiale!

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Quinto trauma: il costumone
Che già di per se è un trauma, poi a questo si aggiunge il caldo, il sudore, la pressione e in pratica il tutto diventa un bel starter pack! Quindi, un po’ come Voldermort per Harry Potter, è meglio non nominarlo. Diciamo pure che il capitolo costumone riguarda una tematica molto delicata e non è sede per parlarne (almeno per ora).

elena-gemo-nuotare-allo-scopertoSesto Trauma: il rientro
Una volta provata non se ne può far a meno. Al di là di una migliore ossigenazione e miglior sensazione in acqua, nuotare all’aperto fa parte di quelle piccole cose e quelle piccole gioie che ti danno l’emozione e la carica giusta per affrontare sia un allenamento che una gara. Le fatiche e gli sforzi sono accompagnati dalla sensazione di gioco e novità. Insomma si affrontano le ore in vasca all’aperto con divertimento oltre che con passione. Nuotare, alzare la testa e scorgere il cielo è davvero emozionante.

Non c’è trauma che tenga, il nuoto fa sentire vivi!

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Rosaria Oliviero

Studentessa presso la Facoltà di Farmacia e appassionata swimmer! Un passato da agonista ed un presente da nuotatrice Master la spingono a seguire il nuoto in tutte le sue sfaccettature