Due anni a rincorrere la classificazione sportiva S9 che ha reso finalmente giustizia alla sua disabilità aprendo al 33enne fiorentino la possibilità di ambire ai Giochi del 2020
Allenatore, Coordinatore Tecnico in piscina, Atleta, Master. Quanti Azzurri possono dire di ricoprire tutti questi ruoli? A memoria e conoscenza di chi sta dalla parte del giornalista a realizzare questa intervista, ne viene in mente soltanto uno.
“Quello che conosci tu è un pazzo” – afferma senza mezzi termini Simone Ciulli, mentre va in pausa lavoro dal ruolo di Coordinatore Tecnico Nuoto della piscina Klab di Firenze.
Un Mondiale da sogno quello del toscano, che a 33 anni ha spolverato una seconda carriera nel nuoto paralimpico, una seconda possibilità di poter competere per nuovi traguardi ed avere nuovi ambiziosi obiettivi dopo aver finalmente ottenuto la classe sportiva che più rappresenta la disabilità che ha.
Da S9 infatti, il fiorentino è riuscito a salire sul podio mondiale della specialità più ardua del nuoto, che non a caso vede variare sempre i volti dei suoi protagonisti di competizione in competizione: i 50 stile libero. In una finale mozzafiato, in cui inoltre l’altro Azzurro Simone Barlaam ha trionfato siglando il Record del Mondo, l’atleta del Circolo Canottieri Aniene è riuscito ad agguantare il terzo gradino del podio con 26″04, battendo dalla corsia numero 2 di solo tre centesimi il norvegese Fredrik Solberg e di solo quattro centesimi il bielorusso Yahor Shchalkanau coronando quello che per un “atleta lavoratore” come lui era un sogno.
“Dopo la medaglia vinta ai Mondiali, l’obiettivo è trovare degli sponsor che mi consentano di allentare l’impegno del lavoro e dedicarmi di più agli allenamenti – spiega Ciulli – Per preparare bene le Paralimpiadi di Tokyo, devo poter dedicare più tempo al nuoto ed è quello che voglio assolutamente fare”
Ma facciamo un passo indietro: la carriera di Simone Ciulli ha una svolta importante nel 2016, quando, dopo aver vinto un bronzo nei 50 stile libero classe S10 e nella 4×100 misti, insegue con tutte le sue forze le Paralimpiadi di Rio che non arrivando a causa di un 50 stile libero che non riesce mai a nuotare sotto al tempo limite per poter essere selezionato in nazionale. Simone ci prova in tutte le occasioni, perfino al Sette Colli nuotando la prima vasca dei 100 stile libero a caccia di quel crono tanto agognato, ma alla fine sarà costretto a tifare per i compagni di squadra da casa.
Da lì però comincia un’altra battaglia per Simone, che non ci sta a restare in una classe sportiva che non lo inquadra come dovrebbe per la disabilità che presenta. Visite mediche specialistiche e un ricco pacchetto di documentazione burocratica per affrontare in maniera decisiva nel 2017 la classificazione internazionale, non basta per chiarire ai classificatori la sua condizione che lo lascia nella classe S10.
La sconforto è alto, ma Ciulli non si arrende e dopo essere stato lasciato alla porta nel 2018 per mancanza di slot per poter essere riclassificato, si ripresenta al banco degli esaminatori a maggio 2019 dopo aver fatto un nuovo percorso medico, i cui tra l’altro scopre di soffrire di ipotiroidismo che gli comporta serie difficoltà nei tempi di recupero. Ma quale è stata nella nuova classificazione la chiave di volta che lo ha portato ad essere analizzato nel complesso della sua disabilità?
“Devo ringraziare il dottor Fabrizio Angelini che ha scoperto il mio problema alla tiroide, a seguito del quale ho cambiato la mia alimentazione e la mia preparazione e soprattutto il tecnico Max Tosin che è riuscito a chiarificare la mia documentazione. Precedentemente ero stato valutato soltanto per il fatto di avere una gamba più piccola dell’altra e non ero mai riuscito a far emergere del tutto la mia problematica, legata anche alla paralisi cerebrale che ho avuto alla nascita, che ha poi causato di fatto la gamba più piccola, e al tumore benigno che ho al nervo sciatico. Oltre alla valutazione fisica, sono stato quindi sottoposto anche alla valutazione coordinativa proprio dietro indicazione di Tosin ed è emerso che quando spingo tanto, perdo completamente la coordinazione ed è quello che è successo anche a Londra nella seconda parte dei 100 stile libero in cui ho perso tutto il vantaggio che avevo accumulato sugli avversari, proprio per aver perso coordinazione. La classificazione come S9 rende giustizia alla mia disabilità”
In che modo è cambiata la tua carriera natatoria da qual punto in poi?
“Totalmente. Ho vissuto anni veramente difficili, perché, anche alla luce dei nuovi regolamenti, non mi sentivo per niente alla pari dei miei colleghi S10. La differenza era netta. Nella classe S9 mi si è aperta una nuova carriera davanti, che indubbiamente mi porta un impegno diverso. Erano otto anni che sognavo di trovarmi nella posizione in cui sono oggi. Per fortuna mia moglie Isabella mi affianca in tutto, perché se non avessi lei al mio fianco, sarebbe impossibile fare quello che faccio”
A quel punto ti sei subito posto l’obiettivo Mondiale?
“In realtà l’obiettivo principale dei miei Mondiali non era vincere a tutti i costi una medaglia, ma arrivare almeno quarto per entrare nel club paralimpico e poter essere considerato nella squadra per Tokyo 2020 – spiega Simone – Mi ero sottovalutato. L’appetito vien mangiando, mi sono reso conto che i 50 stile libero erano alla mia portata e allora ci ho provato con tutte le mie forze, al termine di un Mondiale molto difficile per me”
Difficile perché?
“Perché oggettivamente ho preparato veramente i Mondiali soltanto da giugno in poi, dopo aver avuto la certezza di poter competere nella classe S9 che mi rendeva competitivo. Inoltre c’è da dire che sono arrivato a Londra con i 100 farfalla, in cui potevo ambire a una medaglia e dove invece ho subito una battuta d’arresto a inizio Campionati, trascinandomi dietro una delusione che poi sono riuscito a trasformare alla fine dei Mondiali in carica agonistica per ottenere il bronzo nei 50 stile”
Come hai affrontato la finale dei 50 stile libero?
“Credo che i 50 stile libero di Londra mi abbiano fatto crescere tanto: ho maturato un’evoluzione psicologica importante, diventando consapevole di quello che dovevo fare e di come lo dovevo fare. Ho messo da parte la musica che ascolto sempre fino a pochi istanti prima della partenza, perché volevo rilassarmi e trovare la concentrazione piuttosto che la carica.
Questo mi ha aiutato a tenere le pulsazioni più basse, ho fatto il mio respiro prima di partire e quello mi è bastato per nuotare un 50 in apnea che mi ha portato a vincere il bronzo. La gioia è stata incontenibile, al punto di salire a cavallo della corsia esultando come se avessi vinto un oro. È stato bellissimo assaporare quel risultato, così come ricevere i complimenti di tutti i miei compagni di squadra. Mi sono sentito parte di qualcosa di importante”
E adesso?
“Adesso potrò vivere il sogno di una vita, allenarmi per vincere una medaglia alle Paralimpiadi”
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