E mentre nel calcio vengono derise regole anti contagio, società e associazioni sportive sprofondano nella disperazione data dalla crisi e da protocolli ancora troppo rigidi
Il Coronavirus Covid-19 sta lentamente uscendo di scena, o almeno questo è quello che dicono i dati dei contagi, altalenanti tra un giorno e l’altro si, ma incoraggianti sul fatto che il virus non ha più la stessa forza e capacità di trasmissione di un paio di mesi fa. Basti pensare che due mesi fa i nuovi contagi giornalieri toccavano quota di oltre duemila persone, mentre quelli di ieri sono stati 333, con quattro regioni senza nuovi contagiati e oltre 180mila guariti su 238mila casi totali in Italia.
C’è anche qualche testata e blog che interpreta questi dati come allarmanti perché si sono verificati 5 contagi in più rispetto a due giorni fa, ma il grafico illustrato sulla pagina del Ministero della Salute sembra essere abbastanza chiaro e rappresentativo della situazione attuale.
Da lunedì scorso siamo ufficialmente entrati nella Fase 3 delle misure di contenimento del contagio Coronavirus Covid-19 in Italia e si attende ormai con ansia l’arrivo della Fase 4 in programma per il 15 luglio, l’ultima del processo di pandemia dichiarato dall’OMS e che restituirà agli italiani il via libera su tutto.
Se è vero infatti che da lunedì scorso sono ripartiti i viaggi all’estero con le dovute limitazioni e precauzioni, sono stati riaperti cinema, teatri e sale concerto ma con un massimo di pubblico consentito di mille persone per gli spettacoli all’aperto e duecento per quelli al chiuso e sono state riaperte le aree gioco per bambini ma con obbligo di accompagnamento di un adulto e centri estivi ma con rigorose norme che limitano il rapporto tra numero di educatori e animatori per numero di bambini a seconda dell’età, restano chiuse ancora diverse attività e in vigore ancora numerosi divieti.
Restano infatti ancora chiuse discoteche, fiere, congressi e le attività di calcetto, così come restano ancora vietati gli sport di contatto a livello amatoriale almeno fino al 25 giugno. Esiste inoltre ancora l’obbligo di indossare la mascherina nei luoghi chiusi, anche se dalla prossima settimana questo divieto cadrà in alcune regioni, così come resta in vigore il divieto di assembramento in luoghi pubblici e l’obbligo di distanziamento sociale di almeno un metro, norme di contenimento che stanno provocando non poche difficoltà a numerose attività sportive, in particolare il nuoto di cui parliamo su questo Magazine, che vede ad oggi tantissime società e associazioni sportive dover fare i conti con le mancate entrate di marzo, aprile e maggio, la paura che sussiste ancora in numerosi utenti che preferiscono aspettare ancora prima di riprendere i corsi in piscina e il protocollo che a prescindere, impone l’ingresso in piscina di un numero limitato di persone e un regolamento sanitario molto rigido, e probabilmente in alcuni punti inutile rispetto alle misure di prevenzione da contagio.
Tutto può essere accettato con grande sacrificio da parte di tutti purchè si torni presto alla normalità, ma certamente sono tante le persone rimaste basite nell’osservare cosa è accaduto negli ultimi giorni durante le partite di Coppa Italia disputate nel calcio professionistico.
Assembramenti tra giocatori e arbitro per proteste durante le partite e contatti tra giocatori (ovviamente, perché previsti dal tipo di sport) escludendo possibilità di prevenzione del contagio, senza utilizzo di mascherine da parte di nessuno degli elementi in campo o in panchina.
L’apice si è raggiunto con le immagini “regalate” come uno schiaffo a tutti gli italiani dei festeggiamenti della squadra del Napoli, vittoriosa della Coppa Italia contro la Juventus: l’obbligo del divieto di assembramenti e utilizzo della mascherina sono stati sbeffeggiati in diretta TV e l’esempio è stato colto al volo dai cittadini partenopei che hanno festeggiato la propria gioia nelle principali piazze di Napoli allo stesso modo. Il Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora ha commentato semplicemente affermando che nel calcio ci sono altri protocolli.
Nessun controllo, nessuna sanzione, nessuna presa di posizione da parte del Governo, ma del resto, cose del genere si erano viste già un mese fa con il rientro di Silvia Romano in Italia dopo essere stata liberata dai rapitori che l’hanno tenuta prigioniera in Africa per diciotto mesi, accerchiata da amici, parenti e giornalisti in una folla corposa, sotto gli occhi di tutti.
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