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La lotta contro il doping nel nuoto è sempre più serrata e Magnini è in prima linea!

Sensibilizza con “I am doping free” e dimostra che anche a 32 si può competere puliti.

Il polacco Jakub Jonczyk, la russa Anita Stepanenko, il sudafricano Warren Scott Karsten, la rumena Alexandra Radu, il bulgaro Alexander Nikolov ed il più eclatante, la russa Yulia Efimova, sono soltanto alcuni dei casi di doping riscontrati nel nuoto nell’anno 2013! Un problema evidentemente sempre più grande da affrontare ed una mole di lavoro sempre più pesante da sostenere per il WADA (Organizzazione Mondiale Codice Antidoping).
Ma il doping è davvero così diffuso nel nuoto? Buona o mala fede degli atleti? E in Italia come siamo messi?
Ne abbiamo parlato con un atleta di fama mondiale, due volte campione del mondo nei 100 stile libero, che oggi oltre a competere in vasca è impegnato anche in una importante campagna di sensibilizzazione mirata a sconfiggere il doping, “I am doping free”. Stiamo parlando ovviamente di Filippo Magnini.

Il doping nel nuoto è molto più diffuso di quanto si possa pensare?
«Purtroppo non lo posso sapere. I casi di doping sono quelli che vengono trovati ed effettivamente ce ne sono abbastanza visto che ultimamente hanno beccato parecchi atleti, alcuni dei quali importanti in quanto campioni europei e mondiali e questo un po’ fa riflettere. Ovviamente non si può pensare che tutti lo fanno e quindi per adesso riteniamo che quelli che lo fanno sono solo quelli che vengono beccati che non sono pochi.»

Molti, troppi, sono i casi di doping che arrivano ultimamente dalla Russia. Anita Stepanenko, Ksenia Moskvina recidiva visto che era stata trovata positiva già in un altro controllo precedente, Nikita Maksimov, Natalia Lovtsova, Ekaterina Andreeva ed ultima in ordine cronologico Yulia Efimova. Perché determinati Paesi sono più “esposti” al problema doping?
Filippo_Magnini_intervista_Swim4Life_01«Non voglio pensare che sia una cosa di Paese, ma dei singoli atleti o di determinati staff. Magari è colpa del dottore o dello staff e non del singolo atleta.»

In merito alla squalifica di Yulia Efimova, credi nella buona o cattiva fede della russa?
«Mah, è stata trovata positiva ad una sostanza non leggera che in Italia non si riesce nemmeno a trovare, quindi, pensare che sia negligenza fa un po’ riflettere. Poi se coloro che fanno questi controlli hanno deciso che si tratta di negligenza, io non voglio sindacare ciò che hanno già deciso, non voglio entrare troppo nel merito. Posso solo dire che per un atleta come la Efimova è davvero un peccato perché vincendo gli Europei in vasca corta di Herning, ha tolto la gioia a quella che è arrivata seconda e non ha permesso di salire sul podio a quella che è arrivata quarta che poi è un’italiana. Questo è quello che ti fa incavolare di più!»

Prima che venisse allo scoperto, si poteva sospettare che la Efimova assumesse sostanze illecite?
«No, perché? Non puoi sospettare su atleti, sarebbe sbagliato anche per se stessi, altrimenti non avrebbe senso continuare ad allenarsi. Quelli dopati sono quelli che vengono beccati.»

La FINA ha sostenuto che la Efimova non si stesse dopando con il fine di migliorare le sue prestazioni e quindi ha commisurato la pena a 16 mesi di stop. Perché non è stata graziata come fu fatto con Cesar Cielo?
«Non saprei rispondere a questa domanda. Sostanze diverse, caso diverso. Sono argomenti talmente delicati che non posso valutare io. Devo credere che chi decide le pene e le sanzioni lo fa nella massima trasparenza.»

Pensi che le restrizioni antidoping ed i regolamenti emananti dal WADA siano coerenti con il nuoto di oggi?
«Ce ne sono molti di controlli e vengono fatti a sorpresa, costantemente, durante le gare. Ne facciamo molti incrociati e mi viene da pensare che si sta lavorando molto per limitare il problema del doping. Ovvio che quando si trova un atleta dopato, bisogna dare la pena giusta, quello è fondamentale.»

Filippo_Magnini_intervista_Swim4Life_02Reputi esaustiva l’informativa agli atleti da parte delle società e delle nazionali in merito alle sostanze vietate?
«Bè si capisce se prendi una sostanza vietata per errore o per curare qualcosa che patisci in quel preciso periodo. Se invece prendi testosterone, diuretici, anfetamine o altro, è chiaro che lo fai solo per migliorare la prestazione in gara ed in allenamento. Tra l’altro queste sono sostanze che non trovi casualmente.»

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Pensi che i controlli antidoping siano sufficienti ad oggi?
«Penso di si proprio perché stanno venendo fuori molti casi. Quando non trovi nessuno, o sono tutti puliti o i controlli non funzionano.»

Come vi comportate tra di voi atleti quando scoppia un caso di doping durante o poco prima una competizione internazionale importante?
«Ci rimani molto male. Diciamo che quando poi un atleta viene punito con una squalifica, è come se andasse in galera e quindi una volta uscito, ha scontato la sua pena, probabilmente si vergogna a guardare in faccia altri atleti e non serve altro.»

Cosa pensi del caso di Treviso del febbraio 2014, relativo al ragazzino di 14 anni costretto dal padre a doparsi?
«Quello è proprio un fatto grave che fa capire che probabilmente stiamo andando nella direzione sbagliata. Lo sport si fa innanzitutto per stare bene, migliorare il fisico, la salute, la testa e per diventare qualcuno di migliore. Lo sport non si deve fare assolutamente per vincere. Se si da il massimo, si vince a prescindere dalle classifiche.»

Filippo_Magnini_intervista_Swim4Life_03Come reagiresti se venissi a sapere che un tuo compagno di squadra o della nazionale italiana, si dopa?
«Ci rimarrei molto male e resterei anche molto sorpreso perché sono molto fiducioso che in Italia non esista doping. In passato ce n’è stato qualche caso, veramente dovuto a negligenza per curare una cornea, ma in effetti i casi di doping in Italia sono davvero quasi inesistenti fortunatamente.»

Hai mai avuto modo di confrontarti con un atleta trovato positivo?
«No, non mi è mai capitato.»

La campagna antidoping “I am doping free” che stai promuovendo può essere la strada giusta per combattere il doping?
«Può essere la strada giusta per far capire alle persone, ai ragazzi ed alle famiglie dei ragazzi che lo sport si fa per altri obiettivi e non per vincere a tutti i costi o battere un Record del Mondo. Abbiamo già fatto due clinic, uno a Pesaro ed uno a Imola e più avanti andremo nelle scuole. Questa campagna ha lo scopo di sensibilizzare le persone per fargli capire che prestazioni possono essere realizzate anche in maniera pulita e professionale. Io ad esempio a 32 anni sono ancora in gara a dare il massimo e lo puoi fare con sacrificio, lavorando sia in acqua che in palestra, riposando il giusto e seguendo un’alimentazione sana.»

Filippo_Magnini_intervista_Swim4Life_04Reputi sia giusto squalificare o riterresti più opportuno radiare un atleta trovato positivo ad un controllo?
«Spesso non è facile decidere quanti anni di galera deve fare una persona e non sempre si da il giusto. Quando invece gli dai la pena di morte e lo ammazzi, cosa risolvi? E poi se non era del tutto colpevole? Magari quando lo scopri è troppo tardi, quindi fermare a vita è difficile. Certamente per alcuni atleti recidivi c’è stata poi la squalifica a vita, ma già quando squalifichi un atleta di 25 anni per due anni, gli hai dimezzato la carriera.»

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Paco Clienti

Responsabile Redazione Swim4Life Magazine