Ce lo suggerisce indirettamente la madre di Giuseppe Guttuso, promessa del nuoto Azzurro che prenderà parte ai prossimi Europei.
In ogni sport, sia di squadra che individuale, ci si trova talvolta davanti allo spettacolo, a dire il vero edificante fino ad un certo punto, di osservare genitori perbene ed affabili nella vita quotidiana, trasformarsi in capi ultras della Domenica. Che siano gli spalti di uno stadio del nuoto o della piscina sotto casa durante un normale allenamento, spesso si assiste a veri e propri “siparietti”, con mamme e papà che vedono nel proprio pargolo il futuro Paltrinieri o la Pellegrini delle Olimpiadi del 2024, urlando a squarciagola frasi irripetibili sia ai propri che agli altri bambini.
Non è raro assistere a scene che spesso si trasformano in veri e propri alterchi, con genitori che all’occorrenza diventano allenatori, tecnici, nutrizionisti, preparatori psico motivazionali e perché no, dirigenti dell’intera squadra ed addirittura Giudici Arbitri, catapultandosi a bordo vasca se il proprio campione viene raggiunto da un provvedimento disciplinare.
Questi spettacoli sono in genere offerti da adulti che nel loro passato giovanile hanno avuto ben poco a che fare con lo sport o che, perché poco dotati, a loro volta sono stati pressati da genitori altrettanto esigenti. Madri e padri che riversano sul figlio tutte le frustrazioni e le insoddisfazioni collezionate nel corso della vita precedente la sua nascita e che tramite il figlio vivono un prolungamento della loro personalità, in termini di aspirazioni realizzate attraverso la loro riuscita.
Per fortuna, esiste anche una buona maggioranza di genitori (o almeno si spera) che guarda l’approccio alla disciplina sportiva come una sana opportunità di crescita fisica e mentale del figlio, appoggiando le scelte di quest’ultimo ed incoraggiandolo con discrezione e spirito costruttivo.
Genitori che stimolano il figlio a raggiungere con impegno obiettivi concreti e realizzabili, piuttosto che fissare come scopo della sua vita il Record Mondiale sui 100 stile libero.
Mamme e papà che concordano orari e tempi di allenamento, ma fidandosi ed “affidandosi” totalmente alla preparazione e alla competenza dell’allenatore. In questo modo il piccolo nuotatore continuerà a vedere lo sport come un gioco, come un’opportunità per fare nuove amicizie, per migliorare e per raggiungere il gradino più alto del podio con correttezza e responsabilità.
Proprio al fine di capire come vive questo rapporto “a tre”, mamma/figlio/nuoto, è stato proprio ad una mamma di una giovane promessa del nuoto italiano che ho posto certe domande che ogni genitore si pone, a colei che ha dato alla luce Giuseppe Guttuso.
Il 22enne Sardo vanta già convocazioni in Nazionale per le Universiadi e per gli Europei in vasca corta nel 2015, dove salì sul podio con una storica staffetta, oltre che ai prossimi e imminenti Campionati Europei di Londra.
Medaglia di bronzo nei 50 stile agli ultimi Campionati Assoluti Primaverili, è certamente uno degli atleti sui quali saranno puntati i riflettori nei prossimi mesi.
E guardando i genitori di Giuseppe, ho capito che il miglior modo di amare è forse quello a distanza, facendo sentire la propria presenza anche a centinaia di chilometri di lontananza.
Siete venuti da Cagliari a Riccione per vedere Giuseppe, seguite tutte le sue trasferte?
«A dire il vero non vedevamo Giuseppe in gara da tre anni. A parte gli appuntamenti con la Nazionale che sono spesso all’estero, di solito lo seguiamo da casa.»
Con che animo un genitore vive la lontananza del figlio? Siete apprensivi?
«Abbiamo avuto un po’ di preoccupazioni in occasione degli Europei in vasca corta a Netanya. Giravano voci su una soglia di sicurezza bassa, ma poi siamo stati tranquillizzati dalla Federazione e da alcuni amici che vivono lì, che ci hanno confermato che i ragazzi non correvano nessun rischio. Per il resto nessuna apprensione, il nuoto è uno sport fatto di persone preparate e con un’attenzione estrema per questi ragazzi. Non potrebbero essere in mani migliori.»
Da mamma, come hai vissuto i primi anni in vasca di Giuseppe e che tipo di” tifosa” eri?
«Giuseppe ha iniziato a nuotare per gioco. Ha iniziato a “buttarsi” letteralmente in mare da piccolissimo, aveva meno di due anni. A quel punto decidemmo di fargli frequentare un corso di nuoto. Iniziò perché noi volevamo stare tranquilli, volevamo che imparasse a nuotare per goderci tutti insieme il mare della Sardegna. Quando iniziò il percorso agonistico ricordo che il suo allenatore mi diceva che Giuseppe era bravo, che aveva talento. Io ci ridevo su e rispondevo che per me l’importante era che vedesse il nuoto come un gioco, come quando era bambino.
Per lui è stato così e continua ad essere così e anche adesso che affronta una preparazione molto intensa, non smette mai di sorridere e di divertirsi nuotando. Questa è la cosa che più mi rende felice.»
Dice queste parole con gli occhi lucidi, si è emozionata quando dal vivo ha assistito alla finale dei 50 stile dove Giuseppe ha conquistato il bronzo?
«Mi sono emozionata molto, soprattutto perché ho incrociato lo sguardo di mio figlio dopo che ha toccato la piastra. Quando il percorso di preparazione diventa così intenso ed a tratti pesante, penso a quanto questo impegno possa togliergli in termini di vita sociale, di amicizie, di un po’ di spensieratezza che manca a certi livelli. Il nuoto è uno sport molto duro, non ci sono vacanze o sono poche, vai in piscina anche la domenica se hai le gare vicine, richiede una dedizione ed un contatto continuo con l’acqua, che non può fermarsi. Ma poi lo vedo felice, vedo che continua a sorridere ed essere orgoglioso di quello che fa e non posso che essere serena. Credo che il segreto sia lasciare che i nostri figli possano dedicarsi anche ad altro, al loro futuro di uomini oltre il nuoto, di lasciarli decidere liberamente se dedicarsi a questo sport ed i tempi e i modi in cui farlo. Giuseppe ad esempio, proprio ora, avendo dei giorni liberi dopo queste gare, ha deciso di raggiungere i suoi amici a Londra che è una città che lui ama tanto e dove si rilassa e si ricarica.»
Ha un sogno di mamma? Magari vedere Giuseppe sul podio Olimpico?
«Il mio unico sogno è che Giuseppe sia sereno e che faccia sempre e solo quello che lo rende felice.»
Parole che emozionano, per la serenità, l’amore e la fiducia incondizionata di questi due genitori nei confronti del figlio.
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