Reagire ad un incidente che causa una disabilità, avere nuovi incentivi e poi il sogno delle Paralimpiadi. Tutto in pochi mesi, non bisogna mai arrendersi!
A volte non tutti i mali vengono per nuocere. Quante volte avete sentito dire questo proverbio? Beh, nel caso di Riccardo Menciotti e del suo allenatore Marco Cicconi, è proprio così.
Riccardo è un nuotatore che fino a solo otto mesi fa non pensava di poter ambire a qualcosa di importante nel nuoto paralimpico, settore in cui si è tuffato per caso dopo aver perso la mano destra a causa di un incidente sul luogo di lavoro. La sua capacità di reagire in maniera positiva alla sventura, così come quella dei suoi amici di stargli accanto, hanno spinto il giovane originario di Terni a percorrere una nuova strada, fedelmente accompagnato dal suo allenatore che non ha mai smesso di seguirlo, sia dentro che fuori dalla vasca.
Il percorso per diventare un atleta paralimpico inizia quasi per caso e in pochissimo tempo, l’atleta della Aria Sport diventa uno degli italiani più interessanti del panorama nazionale, tanto da guadagnarsi un posto nella selezione Azzurra per gli Europei di Funchal disputati lo scorso aprile.
Ad oggi vanta già diversi Record Italiani di Categoria e ben quattro Record Italiani Assoluti, nei 100 farfalla, 400 stile, 200 misti e nei 100 dorso, il suo cavallo di battaglia, nei quali ha scalato il cronometro passando dall’1’04″03 nuotato a gennaio, all’1’02”62 con il quale ha conquistato la medaglia d’argento per la classe S10 agli Europei, dove ha vinto anche e un bronzo nella staffetta 4×100 mista maschile 34punti insieme a Federico Morlacchi, Simone Ciulli e Francesco Bocciardo che festeggiarono l’impresa onorando questo Magazine con un messaggio significativo: Swim4Life porta bene!
Ma nel suo percorso, Riccardo ha avuto anche la fortuna di avere al suo fianco un allenatore eclettico e sempre competente, capace di guidarlo in maniera saggia e consentendogli di realizzare un percorso che lo ha portato a far parte della nazionale Azzurra anche in occasione delle imminenti Paralimpiadi di Rio per le quali partirà con l’ottava prestazione stagionale al mondo nei suoi 100 dorso. La presenza importante di Marco Cicconi, valorizza pertanto ulteriormente la figura dell’allenatore giusto al momento giusto.
Sei allenatore da tanti anni, ma fino a pochi mesi fa hai seguito esclusivamente atleti normodotati. Poi invece è accaduto che in seguito all’incidente di Riccardo, uno dei tuoi atleti diventato disabile, ti sei ritrovato casualmente nel mondo del nuoto paralimpico. Com’è stata questa trasformazione e soprattutto, come avete vissuto l’incidente con la conseguenza della disabilità?
«Naturalmente l’incidente non l’ho vissuto bene. Riccardo lo conosco ormai da quasi dieci anni ed è normale che l’incidente mi abbia scombussolato, ma devo dire che la cosa che mi ha sollevato è stata la sua reazione. Durante l’incidente è stato sempre consapevole, lo ha vissuto da cosciente e già dal primo momento ha accettato la situazione. Le sue parole furono “Ormai è successo, non si può tornare indietro e devo guardare avanti”. Una reazione che merita un plauso e devo dire di aver ricevuto una lezione di vita da questo episodio, anche dai suoi amici che in occasione di una delle visite all’ospedale, ho trovato intorno al letto di Riccardo che ironizzavano addirittura insieme a lui sulla sua nuova condizione. A volte alcuni ragazzi molto più giovani, ci insegnano cose importanti.»
Come si è sviluppato invece il percorso didattico e chi dei due per primo ha proposto di provare nel settore paralimpico?
«Io mi sono messo subito a disposizione del ragazzo per riprendere l’attività agonistica quando lui avrebbe voluto e dopo qualche giorno Riccardo ha deciso di rientrare in acqua, con l’ausilio di una medicazione particolare per isolare la parte della mano incidentata. Ho continuato ad allenarlo normalmente e lui ha continuato a nuotare insieme al suo gruppo.»
Da chi dei due però è nata l’idea di tesserarsi come atleta paralimpico?
«Personalmente devo ammettere che questa ipotesi non mi era venuta in mente. Avremmo dovuto continuare sul percorso agonistico per normodotati, ma Riccardo fu contattato dalla FINP tramite la ASL di Terni dove il ragazzo aveva svolto una visita medica. Successivamente fui contattato io e appresa la possibilità di competere nel settore paralimpico, abbiamo quindi deciso insieme di impegnarci da subito in entrambi i settori, nella FIN, in cui Riccardo disputa ancora oggi la maggior parte delle gare prendendo parte alle staffette con i compagni e dando una mano alla squadra, e nella FINP in cui l’atleta è presente solo negli appuntamenti più importanti.»
Pensi che a Riccardo abbia fatto bene continuare ad essere impegnato in entrambi i settori, facendo così più gare e confrontandosi anche con atleti normodotati?
«Diciamo che lui è in una fase in cui preferisce ancora così, ovvero partecipare in entrambe le Federazioni. Il percorso che ha portato Riccardo a diventare un atleta paralimpico è stato anche molto breve e immediato se pensiamo che soltanto sette mesi fa, abbiamo passato la classificazione di disabilità in Croazia e che da lì è iniziato tutto.»
Diciamo anche che da lì si è aperto uno scenario agonistico che nessuno dei due aveva mai considerato, ovvero quello di far parte di una nazionale e prendere parte ad un Campionato Europeo e poi addirittura ad una Paralimpiade.
«Infatti è proprio così, nessuno dei due aveva assolutamente considerato una possibilità del genere e soprattutto con i risultati ottenuti fino ad oggi. Ha già vinto una medaglia d’argento agli Europei ed ha già infranto diversi Record Italiani, per cui possiamo dire che in pochi mesi ha fatto cose già molto rilevanti.»
Per lui come atleta e per te come allenatore, cosa è cambiato rispetto a prima?
«Se devo parlare per me, è cambiato poco e niente. Riccardo invece non si sente ancora parte di questo mondo e come dicevo prima, preferisce ancora fare gare FIN con i normodotati che paralimpiche.»
Perché secondo te?
«Perché in parole povere, credo che lui non si senta disabile e anche se ha questa piccola disabilità, lui preferisce in questo momento confrontarsi con i normodotati. Penso che sia un problema culturale che non ha solo lui in Italia.»
Probabilmente affrontare uno scenario di gara in cui si incontrano atleti con diversi tipi di disabilità, da meno gravi a gravissime, non è stato semplice?
«In realtà nel nuoto ho già lavorato con i disabili, ma parliamo di oltre vent’anni fa e comunque non ho mai avuto difficoltà a farlo. Certamente, quando ti ritrovi quasi all’improvviso in un contesto nel quale sei praticamente circondato da persone con vari tipi di disabilità, resti un po’ sorpreso, soprattutto quando poi ti rendi conto di cosa sono capaci di fare in acqua! Tutto questo, credo che Riccardo non sia riuscito subito a viverlo con serenità. Non ne abbiamo mai parlato, ma quando eravamo in Croazia per la classificazione, mi sono reso conto che lui non era la stessa persona durante il contesto di gara. Riccardo è anche molto sensibile e probabilmente vedere da vicino tutte queste situazioni nuove, non è stato facile.»
Avete metabolizzato il fatto di essere impegnati, lui come atleta e tu come suo allenatore, in una realtà molto importante e di dover affrontare insieme una Paralimpiade?
«Adesso si, ormai ci siamo quasi.»
Cosa ti aspetti da questa esperienza?
«In pochissimo tempo Riccardo si è trovato ai vertici mondiali del nuoto paralimpico, ma io gli dico sempre di restare con i piedi per terra. Quando ci siamo posti degli obiettivi cronometrici, siamo sempre riusciti a centrarli e adesso l’obiettivo è quello di migliorare ulteriormente il suo tempo, tentando di scalare posizioni da quell’ottavo tempo al mondo che attualmente detiene nei 100 dorso classe S10 e magari, con un po’ di fortuna, ottenere anche qualcosa di più importante. L’unica cosa che ci aspettiamo visto la sua attuale ranking, è di riuscire ad entrare in finale.»
Si dice che una volta che ti guadagni una corsia in finale, tutto può succedere.
«Ed è vero, perché sono otto atleti, magari qualcuno va male e lui va benissimo, quindi tutto può accadere e bisogna sempre sperare.»
Al di là dei risultati che possono arrivare o meno, cosa pensi che possa portare nella sua vita l’esperienza delle Paralimpiadi?
«Penso che non tutti possono vivere un momento del genere e già il fatto che parteciperà a questo grande appuntamento, sarà unico e gli lascerà sicuramente qualcosa di molto importante, probabilmente anche più importante rispetto a se fosse stata un’Olimpiade. Mi auguro che Riccardo abbia la volontà, la voglia e la determinazione di partecipare anche ad altri eventi come questo in futuro.»
La disabilità di Riccardo ti ha portato a tuffarti nel mondo del nuoto paralimpico a 360 gradi. Pensi che con il tempo, questo tipo di impegno possa diventare più importante nella tua vita professionale o ti dividerai sempre tra Riccardo e gli atleti che segui tra i normodotati?
«Questo dipende da tanti fattori, tra cui quello di quanto vorrà investire la Società su questo atleta. Viviamola quotidianamente e poi vedremo cosa ne uscirà fuori.»
Pensi che ci siano state circostanze particolari che hanno favorito Riccardo nella sua situazione o è stato tutto frutto del suo modo di essere?
«Riccardo era un atleta che stava raggiungendo un livello in cui gli incentivi venivano ad essere sempre di meno per andare avanti. All’inizio era titubante e invece adesso le motivazioni sono molto più alte e già l’Europeo gli ha dato una ulteriore spinta ad impegnarsi e fare sempre meglio. La sua storia può essere un esempio per tanti, non bisogna mai arrendersi.»
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