Non andrà tutto bene, quindi da buon nuotatori guardiamo lontano, alleniamoci mentalmente e prepariamo il piano B e C per affrontare e risolvere il peggio
Sono quasi due mesi ormai che si dice “Andrà tutto bene” in riferimento all’emergenza sanitaria dovuta al contagio di Coronavirus Covid-19, seguita da altre frasi fatte e tipiche che ci ripetiamo nei momenti difficili per incoraggiarci ed essere ottimisti e dagli arcobaleni disegnati ed esposti su migliaia e migliaia di balconi delle case degli italiani.
Ma al giorno numero 44 da quando è stata dichiarata Pandemia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e al giorno numero 46 da quando il Premier Giuseppe Conte ha di fatto chiuso l’Italia imponendo ai cittadini di restare a casa, cosa c’è di buono dal ripetersi ancora che “Andrà tutto bene”?
Coronavirus, Andrà tutto bene, ma che vuol dire?
Tutto è fermo da oltre due mesi e per quanto se ne possa dire e sperare e per quanto il Governo stia facendo per sostenere gli italiani, argomento e scelte sulle quali non entriamo assolutamente nel merito, non si può nascondere che molte realtà purtroppo cesseranno e molti cittadini resteranno senza lavoro. Non pensate agli imprenditori navigati e agli investitori che sicuramente a causa di questo lungo stop ci perderanno tanto ma che in ogni caso sopravvivranno, ma pensate a chi con tanti sacrifici e debiti aveva da poco avviato un’attività commerciale, o a quelle persone che finalmente avevano iniziato a lavorare da poche settimane, o peggio ancora a quelli che erano in cerca di un lavoro e che tutt’oggi non sanno come andare avanti.
Pensate alle società sportive attive nei cosiddetti sport minori, in altre parole quelli non ricchi come il Calcio o la Formula Uno, che in questo momento si trovano letteralmente con l’acqua alla gola, quell’acqua che tra poco affogherà alcuni di loro.
Dobbiamo essere ottimisti?
Ma cosa significa essere ottimisti? Premesso che non vogliamo e non dobbiamo essere pessimisti, ma almeno dovremmo sforzarci di essere realisti e forse per raccontare meglio e più onestamente la realtà che ci circonda in questo momento, senza fiocchi e arcobaleni, servirebbero persone come Giovanni Verga. Essere ottimisti in questo momento significa offuscare e annebbiare la realtà che ci circonda per farci forza da soli e sperare in un futuro radioso e positivo, nonostante è invece molto più probabile che andremo incontro a una crisi devastante, non solo economica.
Perché?
Perché di tutti gli aiuti di cui si sta parlando da quasi due mesi, si è concretizzato poco e nulla:
- la Cassa Integrazione in Deroga, messa in atto dal Governo proprio per sostenere i lavoratori costretti a restare a casa in conseguenza alle chiusure imposte, conta 64.175 domande inviate all’INPS, di cui solo 22.936 autorizzate dall’ente e di queste solo 4.149 pagate – dati ufficiali INPS al 22 aprile
- il bonus 600 euro destinato agli autonomi conta 4,4 milioni di domande, di cui 900mila sono ancora in istruttoria, mentre 400mila sono state rifiutate perché senza i requisiti necessari – dati ufficiali rilasciati a più canali di informazione dal presidente Inps Pasquale Tridico
- il bonus 600 euro da destinare anche ai collaboratori sportivi che hanno guadagnato più di 10mila euro nel 2019, è al momento solo una promessa da parte del Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, mentre non si riscontrano dati ufficiali sull’effettivo pagamento del bonus a tutti i collaboratori sportivi che rientrano negli attuali criteri di assegnazione del Decreto Cura Italia e che hanno fatto regolare domanda
- infine, gli altri sostegni di cui tanto si è parlato, sono solo prestiti che andranno restituiti
Non si è mai accennato ad annullare alcune tasse, non sono mai stati sospesi i pagamenti delle utenze e si fa difficoltà perfino ad ottenere la promessa sospensione dei mutui bancari, aiuti che sarebbero stati concreti e veramente utili.
La crisi non sarà solo economica ma anche psicologica, perché non è facile restare confinati tra le proprie mura per oltre quaranta giorni, soprattutto per chi è solo e per per chi magari ha difficoltà economiche e non sarà facile nemmeno tornare alla realtà dopo questa reclusione forzata in preda alle giuste preoccupazioni sul futuro.
In tutto questo, è doveroso soffermarsi sui 25.549 morti registrati fino a ieri in Italia che non hanno potuto essere accompagnati dai propri familiari e amici nell’ultimo saluto, che non hanno potuto avere un funerale e che per i quali i familiari non hanno potuto essere confortati con un abbraccio da amici e parenti a causa del distanziamento sociale e che per giunta, per i numerosi casi registrati a Bergamo e in alcune altre città della Lombardia, epicentro del contagio, si sono visti recapitare fatture da oltre 500 euro per la “speciale” cremazione dei loro cari.
L’esempio lampante è quello di Cristina, intervistata dal Tg1, che ha raccontato la propria drammatica esperienza vissuta con la morte del padre. Nel momento più acuto del Coronavirus sono state centinaia le salme che dalla Lombardia sono state portate fuori regione dalle ormai famose colonne di camion dell’Esercito, senza che i familiari potessero avere la possibilità di stringere la mano dei propri cari per l’ultima volta, senza che nemmeno potessero vederli per l’ultima volta, potendo osservare da lontano soltanto una bara chiusa e sigillata, in cui per fede hanno dovuto credere che dentro ci fosse il proprio familiare perduto. E come se non bastasse, adesso arriva a quegli stessi familiari che già tanto stanno soffrendo, la fattura per i costi del “servizio speciale” offerto.
Il lavoro è fermo, gli sport sono fermi e non si conoscono ancora i tempi e soprattutto le modalità che verranno adottate per ripartire, quindi, quali aspetti dell’emergenza sanitaria attualmente ci possono far dire ancora che “Andrà tutto bene”?
Forse, sotto l’aspetto piscologico, è meglio pensare a come rimettersi in gioco non appena possibile, pensare a un piano B e anche a un piano C per fronteggiare le enormi difficoltà che molto probabilmente dovremo tutti affrontare alla ripartenza.
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