Dai giochi per iniziare a lanciarsi in acqua al take your marks.
Amatissimi dai bambini, temuti molto spesso dai genitori più ansiosi, i tuffi non sempre sono presi in considerazione dagli istruttori, talvolta per mancanza di tempo, altre volte anche per mancanza di stimoli, fattori in conseguenza ai quali non viene data la giusta rilevanza a questa importante parte del nuoto in vasca.
Nella mia esperienza personale sono passata dalla vasca da 25 metri dove non si poteva fare nessun tuffo a causa del tipo di regolamento che vigeva nell’impianto dove nuotavo da piccola, alla vasca olimpionica dove ho dovuto apprendere cosa voleva dire tuffarsi solo tre giorni prima della gara!
Situazioni del genere non sono il massimo per un bambino, soprattutto dal punto di vista emotivo ed a prescindere dall’aspetto competitivo, il tuffo dovrebbe rientrare per diverse ragioni tra le priorità degli insegnamenti ai corsi di nuoto.
A cosa serve il tuffo nel nuoto?
Il tuffo serve prima di tutto a togliere il freno prima di cominciare a nuotare. Alcune scuole di pensiero dicono che per imparare il tuffo serve diverso tempo, ma di sicuro non anni! Il tuffo fa parte della lezione di nuoto e può essere fatto eseguire, insegnandolo in maniera corretta, anche prima di cominciare a nuotare.
Troppo spesso purtroppo i ragazzini arrivano ai corsi avanzati, o peggio ancora in agonistica, che hanno ancora paura di eseguire il tuffo praticandolo in maniera errata.
Come si insegna ad eseguire un buon tuffo ad un bambino?
Vari esercizi ludico-motori possono essere proposti come migliore risorsa didattica già nelle scuole nuoto ma ovviamente occorre un metodo che rispetti la tempistica di apprendimento secondo quanto impartito dall’istruttore.
Tutti i nuotatori a tutti i livelli e in tutte le nuotate sono corpo proiettile e corpo propulsore. Il corpo proiettile è inteso nel nuotatore che per cercare di limitare le resistenze dell’acqua: si immerge, si tonifica, si allunga e si allinea.
Il corpo propulsore invece si identifica nella fase dove il nuotatore crea una grande superficie propulsiva con mano e avambraccio per cercare un appoggio resistente in profondità con le mani: la verticalizza, prende l’acqua davanti a la spinge verso dietro con un accelerazione che dipende dalla propria potenza.
Gli ostacoli per l’apprendimento del tuffo sono:
- la momentanea perdita dell’equilibrio
- la percezione dell’elemento acqua
- la rappresentazione effettiva del tuffo in acqua
La costruzione del corpo proiettile sviluppa la capacità di passare attraverso l’acqua con il minimo dispendio di energia. Il principiante non accetta di cadere subendo riflessi di raddrizzamento di origine labirintica, ma conserva lo sguardo nel punto di ingresso tendendo ad alzare la testa per mantenere l’informazione visiva. La conseguenza è che i segmenti del corpo non possono allinearsi nelle direzioni dell’entrata in acqua.
Nel tuffo bisogna coordinare due azioni semplici, ovvero la caduta, cioè tuffarsi regolando un cambiamento dell’asse del corpo e la spinta, cioè comunicare al corpo una gran velocità per eseguire lo stacco dal blocchetto di partenza.
Le due azioni vanno insegnate con pazienza rispettando i tempi di apprendimenti dei ragazzi e solo in seguito vanno coordinate.
Le entrate in acqua possono essere effettuate con giochi di apprendimento come i salti, le cadute a V e le capriole fino ad arrivare al tuffo vero e proprio.
Il tuffo di partenza si compone di cinque momenti fondamentali:
- sbilanciamento
- spinta
- ingresso in acqua
- fase subacquea
- uscita
Per costruire un semplice tuffo da scuola nuoto è sufficiente concentrarsi sulle prime tre fasi.
Attenzione però perché mettere i bambini semplicemente sul blocco di partenza e chiedergli di buttarsi di testa è in assoluto la cosa peggiore che si possa fare. Magari qualche bambino lo potrà farà bene, ma la maggior parte svilupperanno un’esperienza negativa che renderà l’apprendimento molto più difficile anche nel tempo.
Prima di proporre questa abilità motoria globale bisogna assicurarsi di averne almeno costruito i requisiti principali. Assumendo che l’allievo sia già ambientato e in grado di fare semplici salti nell’acqua senza paura di affondare, tali requisiti sono la capacità di sbilanciarsi prima della spinta, la capacità di spinta e la capacità di gestire una corretta postura d’ingresso.
Lo sbilanciamento è il più difficile da sviluppare ed è l’unico che può richiedere un pò di tempo, anche perchè necessita di un minimo di sviluppo degli altri due.
Per creare il requisito di spinta potrebbe essere utile proporre tanti bei tuffi raggruppati, come ad esempio i classici tuffi a bomba chiedendo agli allievi di saltare il più lontano possibile. Anche il salto dell’ostacolo, il centrare un bersaglio come ad esempio un salsicciotto posto in alto sulla testa dell’allievo, l’afferrare al volo una palla che l’istruttore si assicurerà di lanciare in modo da stimolare una bella spinta di gambe, o richiedere l’esecuzione di compiti fantasiosi durante la fase di volo allo scopo di stimolare una spinta più decisa per massimizzare il tempo di volo, possono risultare ottimi metodi didattici finalizzati a far acquisire sicurezza e dimestichezza in maniera graduale nel tuffarsi.
Per sviluppare il corretto ingresso in acqua il primo passo è mettere l’allievo in ginocchio sul bordo con entrambe le ginocchia appoggiate (e sporgenti sull’acqua altrimenti si fanno male), coi piedi bene distesi a terra e col sedere appoggiato ai talloni, spiegando loro di cercare di scivolare dentro l’acqua ma di non guardarla, di impattarla non con la faccia ma bensì con la testa e di cercare di strisciare la pancia sulle ginocchia durante l’ingresso. Le prime volte sarebbero migliori se organizzate con istruttore in acqua a guidarli, invitando gli allievi ad infilarsi in un salvagente anulare gonfiabile,prima dal bordo a sfioro, poi dal muretto e per ultimo dal blocco di partenza.
Evitare anche di prendere le braccia dei bimbi e unirgliele dietro la testa facendole puntare verso il cielo, sia negli esercizi in ginocchio, sia in piedi, perchè in netta antitesi con lo sbilanciamento che dovranno fare successivamente. Occorre invece sempre che le lascino puntate in basso e con testa, spalle e collo rilassati.
Alcuni allievi potrebbero non puntare decisi le braccia all’acqua, tenendole sopra la testa in posizione arcuata, puntando l’acqua soltanto con le mani. Questo succede quando hanno bisogno di tenere faccia e spalle lontane dall’acqua e starà a significare che hanno paura dell’impatto perchè probabilmente bevono ancora dal naso, motivo per cui si dovrà lavorare anche sul controllo respiratorio.
Sviluppare la capacità di sbilanciamento è più difficile e richiede la capacità di sapere già entrare in acqua di testa.
L’esercizio più facile è una variante del tuffo in piedi a gambe una avanti e una indietro. Si mette un salsicciotto posto davanti all’allievo ci circa mezzo metro e gli si richiede di sporgersi più avanti per far si che le braccia puntino oltre (spostando il baricentro sull’acqua), poi di dare una spinta decisa col piede di appoggio nel momento in cui ci si sente cadere in acqua (detto punto di “non ritorno”), al duplice scopo di evitare la caduta e di non colpire l’ostacolo con le cosce. Questo esercizio sviluppa anche la capacità di spinta. L’ultima tappa è il tuffo di testa a piedi uniti che va proposto solamente quando la capacità di sbilanciamento è acquisita. Diversamente il bambino tenderà a sedersi e poi a lasciarsi cadere come un sacco di patate, oppure a proiettarsi come una molla prima verso l’alto e poi verso l’acqua compiendo una sorta di parabola.
Alcuni faranno anche dei bei voli ed entreranno correttamente in acqua in modo elegante, solo che poi in futuro per l’allenatore trasformare questa “cosa” in un vero tuffo di partenza sarà una sfida quasi impossibile.
Progressivamente con la tecnica e la didattica adottata e successivamente con un po’ di fantasia, l’aiuto degli ausili didattici e l’esperienza maturata negli anni, i bambini potranno raggiungere ottimi risultati per arrivare al “Take your marks” in maniera impeccabile.
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