Tra i più noti sono stati affetti anche Ian Thorpe e Donald Schollander
La mononucleosi è una malattia contagiosa a decorso generalmente acuto di etiologia virale. L’agente etiologico è il virus di Epstein-Barr (EBV, appartenente alla famiglia degli Herpesvirus) ed è presente in tutto il mondo senza andamenti stagionali particolari. Colpisce i bambini, gli adolescenti e gli adulti, mentre è più raro che si presenti nei soggetti anziani. Le indagini epidemiologiche hanno evidenziato che gli individui in cui sono dimostrabili anticorpi contro l’HBV risultano immuni, mentre possono contrarre la malattia solo quelli che ne sono privi. Questi stessi studi hanno dimostrato che la diffusione del virus è molto ampia e assai frequente è l’evoluzione subclinica (presenza del virus senza sintomatologia clinica). In America ed in molti paesi europei oltre il 90% dei soggetti di età superiore a 30 anni presenta anticorpi verso antigeni dell’HBV, spessissimo in assenza di sintomi anamnestici che depongono per un’infezione pregressa. Quando la virosi viene contratta nella prima infanzia, i sintomi sono aspecifici, scarsi o assenti, mentre l’infezione dei giovani e degli adulti provoca la comparsa di un quadro clinico caratteristico.
La mononucleosi è molto diffusa tra i nuotatori in quanto, generalmente, il virus viene contratto per via orale ed in piscina è molto facile che ciò avvenga. L’infezione può avvenire tramite saliva, utilizzo di posate o bicchieri usati da persone infette e molto più raramente, attraverso il sangue in occasione di interventi chirurgici o trasfusioni. Dopo la guarigione, come pure dopo la forma inapparente, il virus persiste a lungo nell’organismo, e viene eliminato ininterrottamente in grande quantità nella saliva per oltre un anno. Se già si è stati infettati in passato e quindi si possiedono gli anticorpi contro l’HBV, invece, qualsiasi contatto con una persona colpita da mononucleosi infettiva non avrà alcun effetto.
Molti sono i nuotatori che hanno contratto questo tipo di infezione con conseguente compromissione della preparazione in vista di eventi importantissimi come Ian Thorpe che contrasse la malattia all’età di 23 anni e Donald Schollander che contrasse la mononucleosi subito dopo le Olimpiadi di Tokyo del 1964 dove vinse quattro medaglie d’oro. Lo statunitense, acerrimo rivale dell’allora emergente Mark Spitz sul quale ebbe la meglio ai Giochi di Città del Messico 1968 nei 200 stile libero, ebbe serie difficoltà a recuperare dall’infezione. I casi più recenti in Italia sono stati quelli di Damiano Lestingi, Samuel Pizzetti, Lisa Fissneider, Silvia Di Pietro e ultima in ordine cronologico Stefania Pirozzi.
Diventare bersagli di mononucleosi può dipendere anche dalla condizione di superallenamento che consegue in una depressione immunitaria e favorisce l’insediamento del virus.
In rari casi la mononucleosi può diventare pericolosa, quando associata allo sviluppo di alcune serie patologie quali linfoma di Burkitt, linfomi di Hodgkin e linfomi non-Hodgkin, carcinoma nasofaringeo indifferenziato e la sindrome di Duncan e quando causa un notevole ingrossamento della milza con conseguente rischio di rottura.
Quali sono i sintomi della mononucleosi
La durata del periodo di incubazione può variare, essendo più breve nei bambini per i quali il periodo varia tra i 10 e i 15 giorni, e più lunga negli adulti per i quali il virus si può insediare tra i 30 e i 60 giorni. Nei casi conclamati l’esordio è brusco con febbre da 37 fino anche a 40 gradi centigradi per diversi giorni, calo dell’appetito, dolori muscolari, stanchezza eccessiva e cefalea. Nel 70-80% dei casi sono presenti i sintomi di una faringo-tonsillite di grado variabile. Il segno più comune è rappresentato da una tumefazione linfoghiandolare ai linfonodi del collo, ma possono essere interessati anche linfonodi in altre sedi del corpo (ascellari, inguinali etc). Si può presentare un aumento volumetrico del fegato e della milza. Nel 10-15% dei casi invece, è presente anche un’eruzione cutanea diffusa che ricorda un po’ quella della rosolia. In linea generale la febbre e l’interessamento del cavo orale e del faringe persistono per una decina di giorni, mentre i linfonodi persistono aumentati per un periodo superiore alle tre settimane. Nei bambini, invece, la malattia ha un decorso più breve. Generalmente la mononucleosi si manifesta in modo eclatante soltanto nel caso in cui colpisca persone debilitate o con un sistema immunitario ancora immaturo o debole.
Come diagnosticare la mononucleosi
La diagnosi di mononucleosi viene effettuata attraverso il riscontro nel sangue di anticorpi di classe G (IgG) ed M (IgM) rivolti verso il capside virale (VCA). Durante l’infezione acuta, nell’individuo si evidenzia un innalzamento degli anticorpi specifici di classe M (IgM), seguito dall’aumento delle IgG, che permangono tutta la vita.
Come si cura la mononucleosi
La terapia della mononucleosi è soltanto sintomatica. Prevede riposo assoluto, alimentazione equilibrata, buona idratazione e nei casi più gravi con somministrazione di farmaci al paracetamolo e antinfiammatori. Non sono assolutamente consigliate cure a base di antibiotici che possono addirittura causare effetti nocivi all’organismo. Nei casi particolarmente gravi, quando è presente anemia emolitica, piastrinopenia, oppure una severa compromissione delle vie aeree, possono essere impiegati farmaci a base di cortisone.
È consigliato assumere un regime alimentare basato su proteine magre di buona qualità, cereali, frutta e verdura e che si eviti il consumo di cibi che precentano grassi per evitare un sovraccarico del fegato. È inoltre importante restare a riposo anche alcuni mesi dopo essere guariti e quindi il ritorno all’attività fisica per gli atleti deve avvenire con una certa cautela.
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