Dall’A1 al C3 fino ad arrivare al D, di cosa stiamo parlando?
Non parliamo né di una classe di Mercedes-Benz né di livelli del Trinity College: viaggiamo su soglia aerobica, anaerobica, massimo consumo di ossigeno e tanto ancora, ovvero i temutissimi e mai capiti codici di allenamento del nuoto.
Quante volte ci siamo sentiti dire:
“Quindi tu nuoti. E quante vasche al giorno fai?”
La questione è molto più complessa della semplice sommatoria del numero di vasche fatte in un allenamento, perché per arrivare al meglio alle competizioni, che siano Campionati Italiani o meeting inter-regionali, c’è tutta una preparazione dietro che segue dei cicli ben definiti e studiati di lavoro.
Guardando l’aspetto fisiologico dell’argomento esistono diverse “aree di lavoro”:
- resistenza aerobica (A1-A2) è la capacità che permette il mantenimento di una determinata velocità di nuoto all’interno del campo aerobico senza riduzione del rendimento biomeccanico della nuotata
- potenza aerobica (B1-B2-B3): lavori di intensità di soglia anaerobica definito regime di massimo consumo di ossigeno (VO2 max), che secondo i metodi del Tecnico Federale Claudio Rossetto arriva a sfociare nell’allenamento aerobico intenso che si trova in mezzo tra il VO2 Max e la tolleranza lattacida – clicca qui per approfondire sull’argomento B3
- lavoro anaerobico (C1-C2-C3) o definito anche come tolleranza al lattato, cioè la capacità di mantenere per il maggior tempo possibile una determinata velocità in condizioni di acidosi nelle fibre muscolari per indurle a tollerare meglio l’acido lattico
- ritmo gara (D) indica le andature per costruire i ritmi che verranno utilizzati in gara con l’obiettivo di memorizzare la tecnica di nuotata con particolare attenzione alla velocità, combinando al meglio frequenza e lunghezza di bracciata. In altre parole per i comuni mortali si sintetizza in “Nuota alla morte!”
Alzi la mano chi c’ha capito qualcosa, per tutto il resto c’è il libro di Maurizio Mastrorilli “Con tutto il nuoto del mondo” nelle migliori edicole di Caracas!
Per rendere più facile e soprattutto comprensibile l’idea dei vari codici o aree di allenamento, provate ad immedesimarvi nei panni di Dante mentre scriveva la Divina Commedia.
Partiamo dall’inferno
“Lasciate ogni speranza, voi ch’intrate” scriveva Dante e tutti i torti non aveva, soprattutto se si riferiva ad una sessione d’allenamento in B2, ma anche D, giusto perché danno un assaggio delle pene che si proveranno in gara. L’allenatore, proprio come Caronte, conduce i poveri e dannati atleti verso le porte dell’inferno e nel momento in cui vengono pronunciate parole come “30×50 con recupero pari al tempo di percorrenza della ripetuta” o peggio ancora “20×100 a 1’45” che le tre belve (lonza, leone e lupa) arrivano in soccorso.
Passiamo dal purgatorio
Mezzi salvi, mezzi no. Nel purgatorio ritroviamo gli allenamenti ad andatura secondo il codice C, allenamenti complessivi che variano tra i 400 ed i 1000 metri in base al periodo del ciclo di allenamento che possono essere più o meno lunghi con tempi di recupero di lunga durata. Un 20×25 a 30” ad esempio, oppure un 10×50 a 1’ o ancora 8×100 a 2’ e altro ancora.
Quindi a meno che voi non facciate parte del girone degli accidiosi, scoraggiati anche da un 200 sciolti, testa bassa e latticemia tra i 10 e i 14mmol/l!
Arriviamo al Paradiso
Nel paradiso rientrano tutti i lavori di A1 e A2, la cosiddetta fase di defaticamento (ma anche di introduzione all’allenamento) cercata dagli atleti tanto quanto Dante cercava Beatrice. È una vera e propria apparizione, un miracolo quando si palesa ai nostri occhi, una luce alla fine del tunnel che solitamente appare sempre più chiara a poca distanza dalle competizioni più importanti, così da non arrivare a queste ricchi di acido lattico. La sensazione che si prova durante lo scarico è simile a quella provata di lunedì quando si sa di non dover andar a scuola o di non dover andar a lavoro. Quei lunedì che insomma non sono “Traumedì”.
E nella Gerusalemme dantesca che gli atleti, adesso beati, si prestano a compiere il lavoro in resistenza aerobica. Bracciata dopo bracciata, bevuta dopo bevuta, scontro dopo scontro, arrivano alla fine dei 200 metri che dovranno ripetere per altre 15 o 20 volte avendo a disposizione solo 20 secondi per scorgere la figura dell’allenatore, cercando di leggere il suo labiale con la speranza che pronunci le tanto attese parole:
“100 sciolti e andate in pace”
Ti è piaciuto questo articolo? Allora metti un Mi Piace alla nostra Pagina Ufficiale su Facebook!
Swim4Life – All rights reserved