Come contribuiscono la capacità di propulsione e il sostentamento a migliorare la velocità
La settimana scorsa abbiamo introdotto l’argomento della biomeccanica del nuoto, analizzando il campo nel quale ci spostiamo e miriamo ad andare sempre più veloci, ovvero l’acqua! Abbiamo parlato di locomozione sulla terra ferma e in acqua e la capacità di muoversi in entrambi i casi.
Abbiamo infine iniziato ad analizzare singolarmente i fattori cardini dello spostamento, la Resistenza di cui abbiamo parlato, la Propulsione ed il Sostentamento che affronteremo oggi.
Clicca qui per leggere la prima parte dell’argomento.
Propulsione
Sapete che noi galleggiamo grazie a…Newton? Per chi ama la fisica ed anche per chi non lo ama, alla base della nostra propulsione in acqua, vige la terza legge della dinamica, secondo la quale “ogni azione genera una reazione uguale e contraria”. È per questo motivo che, quando si esercita una spinta all’indietro con le mani, il nostro corpo progredisce in avanti.
È per questo stesso motivo che i principianti commettono degli errori basilari partendo dal concetto errato che nuotare “fuori dall’acqua” sia meno dispendioso energeticamente: niente di più falso! La capacità di mantenere la posizione del corpo più elevata dipende infatti dalla capacità di galleggiamento e, forse, dalla maggiore velocità. In assenza di questi due fattori, una posizione alta comporta un maggiore dispendio energetico, dovuto all’aumentata resistenza (per i movimenti superflui) ed alla minore idrodinamicità delle parti inferiori del corpo.
Risulta quindi evidente quanto sia importante il giusto allineamento del corpo.
Non meno importante è la fase del recupero che in tre dei quattro stili avviene fuori dall’acqua e che influenza sia l’efficacia che la velocità di nuotata. Un recupero fatto male può aumentare la resistenza frontale e di vortice. Un recupero ampio (figura a) nel crawl in senso orario, provoca un movimento compensatorio dei piedi in senso opposto, antiorario, che è responsabile della lateralità dei movimenti. Per questo nel dorso, la lateralità va minimizzata riducendo il raggio di rotazione e recuperando immediatamente sopra la testa.
Nel crawl si deve ridurre il raggio di rotazione durante il recupero del braccio, sollevando il gomito verso l’alto e portando la mano all’interno (figura b).
Nella farfalla invece l’effetto negativo causato dal recupero di un braccio, viene neutralizzato dallo stesso effetto ottenuto con l’altro braccio: pertanto in questo stile il problema del movimento laterale non esiste.
La rana è appunto l’unico stile in cui il recupero avviene sott’acqua, ma come nella farfalla esso avviene simmetricamente per le braccia, ed in maniera pressoché alternata fra braccia e gambe.
Sostentamento
Ancora una volta la Fisica entra a supportare il nuotatore. L’effetto Bernoulli, o sostentamento, si potrebbe considerare applicato solo ai movimenti verso l’alto, ma in realtà esso si applica ai movimenti in tutte le direzioni. Se infatti consideriamo le mani di un nuotatore come delle eliche di un motoscafo o la pagaia di una canoa, il contributo dell’effetto sostentamento risulta determinante. Il movimento dell’elica in questo caso è garantito dal movimento delle braccia che descrivono una “S” nella fase subacquea e questo è tanto più accentuato nei ranisti rispetto ai liberisti. Nel crawl infatti si ritiene che ai fini di una propulsione efficace, sia richiesta una maggiore potenza e resistenza per vincere la resistenza opposta dall’acqua, piuttosto che l’effetto sostentamento.
È importante a tal fine comprendere che la pressione di un fluido diminuisce con l’aumento della velocità di flusso.
Per quanto detto finora, se il nuotatore spinge con la mano in linea retta, si ritrova a muovere una piccola quantità di acqua per un lungo tratto con accelerazione elevata, ma una volta che la mano ha iniziato a spostarsi in direzione posteriore, il nuotatore ne ricava una scarsa forza di trazione. Perciò deve muovere la mano seguendo una traiettoria elicoidale, o curvilinea, in modo da prendere acqua sempre ferma.
Un aspetto importante della posizione della mano, se si vuole trarre il massimo vantaggio, è l’inclinazione: pur variando l’inclinazione nelle diverse fasi di trazione, si ritiene che l’angolo è di circa 30-40° rispetto al percorso della mano nell’acqua nel crawl e nel delfino e 90° nel dorso. Un elemento importante in questo contesto è che il nuotatore mantenga l’inclinazione e l’angolazione critica anche quando affaticato, in modo da ricavarne il massimo vantaggio. Studi telemetrici e riprese subacquee hanno evidenziato che con l’affaticamento, il nuotatore perde l’inclinazione corretta. I nuotatori di successo sono quindi in grado di mantenere una corretta inclinazione.
Un altro aspetto importante che influisce sulla prestazione è l’accelerazione. Alcuni studi hanno messo in risalto la velocità della mano con la velocità media e cercato di scoprire se la capacità di produrre una velocità elevata della mano possa essere insegnata a nuotatori che non ne sono dotati. Se ne è concluso in maniera pressoché incontrovertibile che i nuotatori bravi, apparentemente accelerano i loro movimenti, il che è un fattore importante che migliora le prestazioni.
Nei nuotatori mediocri si è evidenziato che la velocità impressa dalla mano non arriva al 60% della velocità impressa da nuotatori di alto livello. Infatti essi presentano:
– Velocità della mano troppo elevata in fase di trazione
– Velocità troppo bassa al termine della trazione
– Velocità irregolare con due o più flessioni nella curva
– Buono schema di velocità con una mano, scarso con l’altra
Conclusioni
Una forza applicata in modo uniforme, come avviene in tutte le attività cicliche, risulta più efficace di una forza intermittente. La ripetitività dei movimenti in teoria consentirebbe di applicare una forza uniforme, ma ciò di fatto non è ottenibile per il subentrare dell’affaticamento e per l’impossibilità di ripetere in maniera esattamente perfetta lo stesso movimento. L’obiettivo della biomeccanica dei quattro stili sarebbe quello di fornire un’uniformità di velocità maggiore possibile. Se il nuotatore accelera o decelera a intermittenza, molta della forza viene utilizzata per vincere l’inerzia.
Nel nuoto è chiaro che ci sono fluttuazioni della forza propulsiva: l’obiettivo è ridurle al minimo!
Ciò che potrebbe sembrare contraddittorio con quanto detto sopra, in quanto si raccomanda al nuotatore di accelerare la trazione, si traduce nel concetto base che “bisogna sì accelerare, cercando però di non decelerare bruscamente”.
Come si evita questo?
Nel crawl e nel dorso l’eccessiva decelerazione può essere evitata iniziando a tirare con un braccio prima, o immediatamente dopo, che l’altro abbia terminato la sua trazione. Si ottiene così una propulsione costante e scorrevole. Nella farfalla la trazione deve iniziare non appena le braccia entrano in acqua: ogni prolungamento della scivolata delle braccia in avanti causa decelerazione. Infine nella rana dovrebbe esservi un leggero scivolamento dopo l’allungamento delle braccia in avanti, per sfruttare meglio l’inerzia successiva al colpo di gambe.
Per concludere, possiamo dire che come una barca poco carica è più facile da spingere e da trainare rispetto ad una barca molto carica, lo stesso vale per la galleggiabilità di un nuotatore, in cui contano principalmente struttura corporea, misura delle ossa, sviluppo muscolare, distribuzione del peso, rapporto massa magra/massa grassa e capacità polmonare.
Non esiste la nuotata perfetta, esiste però la nuotata ideale per ogni singolo atleta, che attenti studi telemetrici e riprese subacquee, potrebbero aiutarci ad emulare!
L’allenamento costante non basta, è necessaria un’analisi ed un’osservazione tecnica ed in parte scientifica della nuotata personale, al fine di correggerla ed ottenere risultati nettamente diversi e molto più gratificanti rispetto al lavoro svolto in preparazione!
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